Un debito sostenibile (?) che ancora non convince – Dicembre 2021

di Salvatore Carrano*

Luglio 2014, l’allora ministro dell’economia Giancarlo Padoan, in una difensiva dichiarazione afferma che il debito italiano è tra i più sostenibili d’Europa.

Nello stesso periodo, qualche giorno dopo, in un articolo pubblicato su https://www.sepenso.it/un-debito-sostenibile-che-non-convince/, e qui riportato, ho scritto:

“Il debito italiano è tra i più sostenibili in Europa, ad affermarlo è il MinistroPadoan e secondo alcune autorevoli valutazioni potrebbe, da economista, avere ragione. La sostenibilità del debito dipende dallo sforzo di bilancio, dal tasso di interesse e dalla crescita.

Il surplus primario italiano è, insieme con quello della Germania, il più alto d’Europa. I tassi di interesse sul debito, pur con un Pil ancora incagliato e nonostante la precaria situazione economica, sono calati di oltre un punto rispetto al 2010, anno in cui si registrava un Pil in crescita. Se poi i tassi attuali si paragonano al 2012, il calo è ancora più sostanzioso: oltre i tre punti. I tassi bassi migliorano i bilanci degli stati sovrani e consentono di raggiungere con meno sforzi l’obiettivo della riduzione del debito.

La crescita purtroppo è debole, prossima allo zero ed evidenzia una fase di stagnazione dell’economia e, quindi, questa variabile sembrerebbe da sola smentire la rassicurante affermazione del ministro”.

Primi di dicembre 2021, stime di crescita al 6,3% per l’anno che volge al termine; la “crescita” è ora una variabile positiva e l’affermazione dell’ex ministro Padoan è più che mai rassicurante, tanto da pensare che l’Italia, rispetto al 2014, meriterebbe sicuramente una migliore considerazione di affidabilità da parte delle società di rating.

In verità, già nel 2014, Isabella Bufacchi riteneva veritiera e credibile l’affermazione di Padoan e, infatti, scriveva:

 “Ma, in un articolo del Sole24ore, Isabella Bufacchi, usando parole dell’ex responsabile dei debiti sovrani di Moody’sAlexander Kockerbeck, scrive che l’Italia ha una crescita del Pil fiacca, molto debole ma almeno è una crescita onesta. È la più onesta che c’è, nel senso che non nasce da una degenerazione. L’Italia non è cresciuta negli anni passati con le bolle speculative immobiliari oppure partecipando alle avventure virtuali della finanza – sostiene Kockerbeck candidamente -. E ora l’Italia esce dalla recessione nonostante la condizionalità sottintesa delle OMTs abbia imposto l’austerity e il rigore sui conti pubblici, e torna a crescere senza l’aiuto della svalutazione dell’euro, senza tassi bassissimi (perché paga lo spread), senza inflazione: un sostegno che invece gli Usa e il Regno Unito, tornati a crescere, hanno avuto dalla Fed e dalla Bank of England con il QE che dà più tempo per fare le riforme”.

E, inoltre:

“Per di più, uno studio dell’università di Friburgo che tiene conto non solo del rapporto debito/Pil attuale (esplicito), ma anche di quello futuro (implicito), premia l’Italia portandola tra le nazioni virtuose con un debito/pil totale al 73%. Secondi solo alla Lettonia, meglio della quarta posizione assegnata alla Germania e tanto avanti rispetto alla Gran Bretagna che, con un debito totale/pil di 640%, si ferma solo al ventiduesimo posto in classifica”.

L’allora situazione economica non era, però, tra le più rosee:

“Attualmente i conti dello Stato sono messi maluccio,”

In futuro però:

“ma nel lungo periodo l’aggressiva riforma della previdenza pubblica, che ha drasticamente tagliato le rendite pensionistiche future, consentirà all’Italia di far fronte alle spese derivanti dall’invecchiamento della popolazione senza subire un peggioramento dei conti pubblici, anzi addirittura migliorandoli e avvicinandoli all’obiettivo debito/Pil 60%.

Tassi di interesse sul debito al minimo, surplus primario da primi della classe e debito/pil nel lungo periodo eccellente confortano senza dubbio l’affermazione del ministro; e allora perché il rating dei titoli italiani è tra i peggiori in Europa, appena un gradino sopra il giudizio spazzatura e con outlook negativo?

Perché la classe politica italiana non è affidabile e le proiezioni future sono tutt’altro che rassicuranti.

Le agenzie di rating nell’assegnare la valutazione all’Italia hanno ritenuto che, sia la situazione politica presente, e sia quelle a venire, non permetteranno di approvare quelle riforme strutturali tanto necessarie a rilanciare la crescita e, se è vero che il debito pubblico appare sostenibile nel lungo periodo, è altresì indubbio che per ora il Paese non cresce o cresce troppo poco, gli interessi sul debito assorbono troppe risorse di bilancio e il surplus non è ancora sufficiente diminuire e nemmeno a bloccare il debito. Inoltre, nel lunghissimo periodo, decisioni, o mancate decisioni, politiche potranno influenzare, anche in negativo, il debito implicito.

È il caso di dire che l’Italia offre un’immagine di così scarsa affidabilità da far passare in secondo piano la potenziale bontà dei conti pubblici futuri; gli analisti risentono di questo condizionamento e si mostrano cauti, sospettosi e tendenti al ribasso”.

Anno 2021, Standard & Poor’s, il 21 ottobre scorso, ha confermato la tripla B, migliorando, però, l’outlook. Anche Moody’s, il successivo 5 novembre, ha confermato il rating precedente (Baa3) con la differenza, rispetto a S&P, che ha lasciato, senza migliorarlo, “stabile” l’outlook. Fitch, nella sua valutazione di fine 2011, ha alzato a BBB, lasciando “stabile” l’outlook, il rating dell’Italia.

Confrontando le ultime valutazioni del 2014, con quelle finali di quest’anno, come si può notare nelle tabelle sottostanti, si vedrà che non ci sono cambiamenti rimarchevoli.

2014

ottobre Moody’s Baa2 stabile
ottobre Fitch BBB+ stabile
dicembre S&P BBB- stabile

2021

novembre Moody’s Baa3 stabile
dicembre Fitch BBB stabile
ottobre S&P BBB positivo

Nella valutazione delle agenzie, vengono raggruppate in un rating medio basso le attribuzioni:

RATING MEDIO- BASSO

MOODY’S S&P FITCH
Baa1 BBB+ BBB+
Baa2 BBB BBB
Baa3 BBB- BBB-

La classe di merito assegnata al nostro Paese rientra nel 2021 (così come nel 2014) in questo raggruppamento medio-basso che non offre agli investitori la garanzia della massima sicurezza del capitale riservata alle migliori valutazioni. Tra i nostri simili troviamo Portogallo, Bulgaria, Romania e altre di seconda serie; Germania, Francia, Paesi Bassi e altre virtuose, hanno le A e ci precedono in affidabilità.

Ma, se la crescita è da primi della classe, i tassi d’interesse sono molto sostenibili e il rapporto debito/pil diminuisce, perché allora ci viene attribuito un rating così modesto? Perché il debito pubblico è ancora troppo alto? (Secondo le stime di Bruxelles quest’anno, in seguito alla crescita, il rapporto tra debito pubblico e Pil scenderà al 154,4%, ma l’Italia resta, comunque, il secondo paese più indebitato d’Europa). Oppure la situazione politica italiana non rassicura ancora gli investitori internazionali?

È il caso di dire, ancora una volta, che l’Italia continua a offrire un’immagine di scarsa affidabilità da far passare in secondo piano la bontà dei conti pubblici presenti (e potenziali futuri); gli analisti risentono di questo condizionamento e si mostrano cauti, sospettosi e tendenti, magari non più al ribasso, ma al prudente attendismo.

Salvatore Carrano*

11 dicembre 2021

*Docente di Economia Aziendale

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