Swap spread negativo e crisi: perchè? – Dicembre 2020

Di Ivo Invernizzi

Innanzitutto, spieghiamo al lettore cosa è lo swap spread: si tratta di una misura del differenziale tra  tasso fisso su una certa  scadenza pagato in un interest rate swap (IRS), e rendimento del titolo di stato benchmark sulla stessa scadenza, ad esempio negli Stati uniti  il Treasury Bond a 10 anni (swap rate – T-bond yield) . Un IRS è uno strumento derivato in cui due controparti si scambiano flussi monetari rispettivamente di tasso fisso e tasso variabile a scadenze predeterminate contrattualmente.

Gli operatori finanziari usano osservare lo swap spread come indicatore del livello di rischiosità del settore privato. Di norma tale spread dovrebbe essere positivo perché in condizioni normali esiste una differenza positiva tra i due tassi su indicati, quindi il rendimento del Treasury dovrebbe essere inferiore al corrispondente tasso swap su medesima scadenza. In tal senso, si usa supporre che  uno  swap spread  positivo è la condizione ordinaria.  Nel caso degli Stati Uniti, quest’anno di pandemia ha però visto lo swap spread talvolta essere  molto negativo, implicando che i titoli Treasury fossero ‘più rischiosi’ dei corrispondenti derivati di tasso, quindi rendere di più. Tale notevole negatività dello swap spread è stata riscontrata in primavera 2020 durante i principali lockdown da coronavirus, apparendo  eccezionale in quanto a essere messi a confronto erano due mercati finanziari tra loro molto diversi: 17 trilioni di dollari in Titoli di Stato americani T-Bond e T- Bill ‘cash’ e 124 trilioni di dollari in nozionali di strumenti derivati di tasso d’interesse o IRS. È possibile affermare con precisione che lo swap spread su scadenza 10 anni negli Stati Uniti abbia raggiunto nel corso del 2020 il suo picco  di minimo negativo il 19 marzo 2020 (-13.5 basis points) in corrispondenza del tracollo dei mercati imputabile all’apice della pandemia, per poi mantenersi in un range tra – 5 e +3.8 basis points per il resto di quest’anno. Attualmente è positivo a circa +1 basis point.

Ma quali sono stati i fattori in gioco che hanno spinto alla forte negatività di questo parametro finanziario in primavera 2020? Da un lato le emissioni obbligazionarie corporate a tasso fisso sono aumentate, quindi le imprese americane si sono più indebitate mediante bonds cercando di ‘anticipare’ l’aumento nei rendimenti dei titoli governativi Treasury dovuto alla crisi, questo ha spinto a ribasso i tassi swap, perchè con gli IRS (ricevo tasso fisso pago tasso variabile) le imprese coprivano il rischio tasso di tali emissioni. Questa tendenza alla negatività dello swap spread è stata però contrastata dagli acquisti massicci di Treasury Bond da parte della FED che, al contrario, hanno spinto i rendimenti del governativo americano al ribasso quindi alla positività dello spread.

La relazione naturalmente ‘positiva’ (cioè tasso swap fisso a 10 anni superiore a rendimento del Treasury sulla stessa scadenza 10 anni o ‘tenor’) tra tassi swap e rendimento del Treasury è stata capovolta divenendo negativa all’indomani della crisi finanziaria. Gli  swap spreads che dovrebbero essere una sorta di ‘premio’ da incassare dei tassi swap rispetto ai rendimenti del Tesoro, per riflettere il rischio di credito implicato nel trattare con una controparte privata non ‘free risk’ che potrebbe divenire ‘non solvibile’, sono diventati al contrario ‘una fee’ da pagare. Quasi a voler dire ‘lo Stato è più rischioso dell’emittente privato’ e gli investitori considerano le controparti private avere meno probabilità di insolvenza rispetto al Tesoro degli Stati Uniti. In realtà, gli operatori di mercato hanno accusato responsabili di tale distorsione i vincoli di capitale sulle banche e le dinamiche di domanda e offerta nel mercato dei titoli del Tesoro e dei bond corporate aziendali.

Qual è il ruolo delle banche in questo complesso meccanismo? Partiamo dal limite al loro grado di indebitamento (leverage) stabilito dal Comitato di Basilea (Basilea III). Il Supplementary Leverage Ratio (SLR) impone un limite minimo al rapporto da capitale di migliore qualità rispetto al livello d’indebitamento della banca .    L’SLR o coefficiente di leva finanziaria supplementare è l’implementazione statunitense del leverage ratio europeo da Tier 1 di Basilea III, mediante il quale le banche americane calcolano l’ammontare di capitale azionario migliore (Common Equity Tier 1) che devono detenere rispetto alla loro esposizione alla leva finanziaria totale. Le grandi banche statunitensi devono detenere un livello minimo di SLR pari al 3%. Le holding bancarie di primo livello devono inoltre detenere un buffer aggiuntivo del 2%, per un totale di 5%. L’SLR, o limite alla leva finanziaria va ad appaiarsi ai requisiti patrimoniali minimi delle banche relativi alle RWA (Risk Weighted Assets). La presenza dell’SLR ha contribuito alla negatività dello swap spread su citato perché l’SLR ha forzato alcune  banche a ottimizzare davvero il bilancio, incentivandole a ridurre il volume di attività in pronti contro termine perché si tratterebbe di un’attività a basso rendimento . Ma l’azione della Fed, a contrasto del coronavirus ha al contrario dato propulsione all’attività in pronti contro termine, favorendo una maggiore domanda di titoli di Stato, i famosi Treasury bond, fattori questi che vanno ad aumentare lo swap spread spingendolo alla positività (quindi alla situazione ‘normale’ in cui la rischiosità percepita dello Stato americano è inferiore, con minor rendimento del Treasury e non superiore rispetto a quella del settore privato).

In realtà i fattori in gioco che possono spingere lo swap spread a ridursi fino a portarsi in territorio negativo sono molti di più di quelli su citati, tra essi non ultimi l’azione dei dealer, quindi la loro attività in termini di market making, liquidità e d’interazione tra domanda e offerta sul mercato del cash e su quello dei derivati, la pubblicazione dei dati macroeconomici e inoltre l’effetto sui mercati della politica monetaria e soprattutto fiscale  (si veda il famoso pacchetto di boost fiscale statunitense che ‘dovrebbe’ ridurre la percezione di rischio sullo Stato americano e mantenere lo spread in territorio  positivo).

Senza pretesa di esaustività, riassumiamo qui di seguito alcuni tra i fattori che spingono  a una riduzione degli swap spreads o addirittura alla loro negatività:

1. Restrizioni macroprudenziali sulle banche;
2. Requisiti di capitale per le banche più stretti o ‘tight’;
3. Riduzione nell’ampiezza bilanci dei dealers in repo;
4. Aumento emissioni obbligazionarie corporate a tasso fisso, che implica aumento nella domanda di receivers swap (l’azienda ‘swappa’ il rischio tasso del bond incassando un tasso fisso e ricevendo un tasso variabile) questo tende a ridurre  i tassi swap in relazione al rendimento del Treasury;
5. Riduzione volumi repo nei bilanci bancari anche a causa del Supplementary Leverage Ratio  SLR di Basilea III;
6. Maggior offerta  di titoli Treasury cash sul mercato, riduzione quotazioni e corrispondente aumento dei rendimenti;
7. Minor percezione rischio da parte degli investitori sul settore privato rispetto al rischio dello Stato.

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