Imposte differite nelle banche

Le Banche italiane possono utilizzare le imposte differite come “crediti d’imposta”

Milano, marzo 2012

Autore: Dr Fabio GHISELLI
Commercialista e Revisore dei conti
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Proprio ora, in un momento d’incertezza economica le banche italiane vengono chiamate, dai dispositivi di Basilea e dall’European Banking Authority, a rafforzare il loro capitale per affrontare le incertezze derivanti dalle possibili svalutazioni dei propri attivi. Inoltre le banche della Penisola appaiono svantaggiate, rispetto le concorrenti europee, per l’impossibilità di detrarre completamente le svalutazioni sui crediti.
Con questa analisi si vuole dare delle indicazioni, circa la possibilità che viene offerta alle banche italiane, di trarre dei benefici utilizzando anticipatamente le “imposte differite” (1).

1. Normativa di riferimento
L’art. 2, commi da 55 a 58, del decreto legge 29 dicembre 2010, n. 255 (c.d. “decreto mille proroghe”, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10) ha introdotto la possibilità di trasformare le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio (imposte differite attive) in crediti d’imposta verso l’erario, qualora nel bilancio individuale della banca o ente creditizio venga rilevata una perdita d’esercizio (2). L’attuazione di questa disciplina è stata affidata a un decreto non regolamentare del ministro dell’Economia e delle Finanze, sentito il parere della Banca d’Italia.

2. Duplice finalità della normativa
1. Si è voluto attenuare, per la quasi generalità delle imprese, gli effetti restrittivi sulla liquidità generati in questa fase congiunturale pesantemente negativa che si protrae da lungo tempo e gli svantaggi competitivi conseguenti.
2. Si è voluto evitare, per le banche italiane l’eccessiva penalizzazione derivante dall’applicazione dei più restrittivi criteri imposti dal Comitato di Basilea, per la determinazione dei requisiti minimi di patrimonializzazione. Il documento del Comitato di Basilea del 16 dicembre 2010, ha previsto, al paragrafo 69, che le attività derivanti dalle imposte anticipate (deferred tax assets, DTA) e condizionate dalla redditività futura della banca vadano dedotte dal computo del Common Equity Tier 1, la cui composizione è individuata dal paragrafo 52 (3). Come confermato e precisato dall’ABI (Circolare n. 15, del 4 ottobre 2011) la logica sottostante l’esclusione della fiscalità differita dal patrimonio di vigilanza, discende in estrema sintesi dal fatto che tali imposte differite attive non sono sicuramente recuperabili in caso di emergenza o di liquidazione forzata della banca, in quanto il loro recupero può avvenire solo in presenza di utili e relativi imponibili fiscali.

3. Commento alla normativa
In assenza dell’intervento normativo in esame, il sistema bancario italiano avrebbe subito un rilevante impatto negativo in termini di patrimonializzazione, rispetto ai concorrenti europei. Si deve tener conto, infatti, che la disciplina fiscale italiana prevede criteri di deducibilità dei costi connessi all’oggetto principale dell’attività bancaria, come ad esempio le svalutazioni dei crediti, piuttosto penalizzanti, tanto che questi sono riconosciuti fiscalmente solo dopo diversi anni rispetto alla rilevazione in bilancio. Tale penalizzazione risulta più evidente oggi, laddove, a causa della pesante crisi finanziaria, si assiste a un costante incremento delle “sofferenze” che a loro volta, a seguito del rinvio della deducibilità, generano un pari incremento delle imposte differite attive.

4. Condizioni oggettive per applicare la normativa
Si possono trasformare in crediti d’imposta, le imposte differite attive che si originano dal differimento della deduzione dei seguenti componenti negativi:

  • Svalutazioni sui crediti risultanti in bilancio degli enti creditizi e finanziari, erogati alla clientela (comma 3, dell’art. 106 del TUIR D.P.R. 917/86), per la parte eccedente il limite annuale dello 0,3% e quindi deducibili nei 18 esercizi successivi. Tali crediti sono quelli non coperti da garanzia assicurativa, e comprendono quelli concessi a Stati, banche centrali o enti di Stato esteri destinati al finanziamento delle esportazioni italiane o delle attività ad esse collegate, conteggiati al netto delle rivalutazioni risultanti in bilancio. Giova osservare che il citato comma 55, non menziona le rettifiche dei nuovi crediti disciplinate dal successivo comma 3-bis, dell’art. 106, la cui percentuale di deducibilità è stata elevata allo 0,5%. Tenuto conto che tale comma non individua crediti oggettivamente diversi rispetto a quelli previsti dal comma 3 – se non per il fatto che esclude dal computo quelli assistiti da garanzie generiche e da misure agevolative in qualsiasi forma concesse dallo Stato, da enti pubblici e da altri enti controllati direttamente o indirettamente dallo Stato – tanto che ad esso fa espresso rinvio, e considerata la finalità della norma, si dovrebbe ritenere che anche le imposte differite attive connesse a questi crediti siano incluse nel novero di quelle trasformabili.
  • Valore dell’avviamento iscritto in bilancio, deducibile in misura non superiore a un diciottesimo del valore stesso (ex art. 103, comma 3, TUIR);
  • Valore delle altre attività immateriali, ammortizzate o svalutate secondo i principi di cui agli altri commi dello stesso art. 103, TUIR. Con riferimento alle due ultime voci, rilevano altresì gli ammortamenti e le svalutazioni non fiscalmente riconosciuti edaffrancati ai sensi dell’art. 15, del D.L. n. 185/2008.

Come detto in premessa, la condizione prevista dal legislatore per la trasformazione è che il bilancio d’esercizio debba chiudere con una perdita contabile. Non sembra, invece, che sia necessario che la rilevazione delle imposte differite debba avvenire nel medesimo esercizio in cui si è registrata la perdita. Anzi, in quest’ultimo esercizio potrebbe trovare riconoscimento tutto lo stock di imposte differite attive iscritte e rilevanti (come sopra individuate), anche se riferito a esercizi precedenti.

5. Aggiornamento della normativa (DL Monti)
Di particolare importanza appare il disposto del nuovo comma 56-bis, introdotto dal D.L. n. 201/2011 (Monti), a mente del quale può essere trasformata in credito anche la quota di attività per imposte anticipate iscritte in bilancio, relativa alle perdite fiscali di cui all’art. 84 del TUIR, derivanti dalla deduzione degli stessi componenti negativi di reddito previsti dal comma 55 e sopra elencati. In altre parole, non tutte le attività per imposte anticipate possono trasformarsi in crediti, ma solo quelle relative alla quota parte delle perdite dei diversi periodi d’imposta determinatasi per effetto della deduzione dei reversal (4) In questo caso non è richiesto che anche il bilancio civilistico chiuda con una perdita contabile, e non si applica la formula illustrata nel successivo paragrafo 7.
La fattispecie di cui al comma 56-bis riguarda essenzialmente due tipi di situazioni:

  1. La prima si verifica quando, nell’esercizio in cui si registra il disallineamento tra i valori civilistici e fiscali dei crediti e/o delle attività immateriali, mancano i presupposti per l’iscrizione di imposte differite attive (5) che invece sorgeranno successivamente quando la corrispondente reversal si tradurrà in una perdita fiscale riportabile a nuovo.
  2. La seconda situazione ricorre quando, pur essendo presenti i presupposti per l’iscrizione delle imposte differite attive dipendenti dai disallineamenti di cui sopra, la banca non subisce una perdita di esercizio, mentre registrerà una perdita fiscale nell’anno in cui si verificherà la reversal corrispondente agli stessi disallineamenti (6) (7). Questa disposizione garantisce un indubbio vantaggio per le imprese dal momento che la trasformazione immediata delle perdite esclude che queste possano essere perdute – per la quota parte derivante dai reversal – prima del loro utilizzo, come ad esempio, nel caso in cui siano effettuate operazioni straordinarie di fusione/scissione, senza il rispetto dei requisiti di vitalità o patrimoniali previsti dal comma 7, art. 172, e dal comma 10, art. 173, del TUIR.

6. Decorrenza della normativa
Ai sensi del comma 56, la trasformazione in crediti d’imposta, decorre dalla data di approvazione del bilancio da parte dell’assemblea dei soci ovvero dal consiglio di sorveglianza qualora si stato adottato il “sistema dualistico” di governance (estensione prevista dall’art. 9, comma 1, lett. a. n. 1, del D.L. 201/2011, convertita in L. 214/2011, c.d. “Decreto Salva Italia”).
Come precisato dall’Agenzia delle Entrate nella Ris. 94/E del 22.9.2011, la disposizione in commento è applicabile a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.L.225/2010 (27 febbraio 2011), quindi, in via esemplificativa, può riguardare le imposte differite attive iscritte nel bilancio dell’esercizio 2010, purché approvato dall’organo deliberante successivamente al 27 febbraio 2011.
Allo stesso tempo, ai sensi dell’ultimo periodo del comma 57, a decorrere dall’esercizio-periodo d’imposta in corso alla data di approvazione del bilancio, non sono più deducibili i componenti negativi corrispondenti alle attività per imposte anticipate trasformate in credito d’imposta. In relazione alla trasformazione delle attività per imposta anticipate connesse alle perdite fiscali di cui al menzionato nuovo comma 56-bis, la decorrenza della stessa è fissata nella data di presentazione della dichiarazione dei redditi del periodo in cui viene rilevata la perdita.

7. Determinazione del credito d’imposta
Per il secondo il disposto del comma 56, la trasformazione avverrà applicando la seguente formula:

(Perdita di bilancio x Imposte anticipate iscritte in bilancio) /
(
Patrimonio netto (capitale sociale + riserve esclusa perdita esercizio))

Più alta sarà la perdita dell’esercizio, più alta sarà la quota di imposte anticipate da convertire in crediti d’imposta (8).
E’ appena il caso di osservare che nella determinazione delle imposte anticipate andrà conteggiata non solo l’IRES nella misura del 27,5%, ma anche l’IRAP nella misura ordinaria del 3,9% o maggiorata laddove previsto. Per quanto riguarda il vincolo sopra citato per cui non sono più deducibili i componenti negativi corrispondenti alle attività per imposte anticipate trasformate in credito d’imposta, per la loro determinazione occorre applicare la seguente formula:

((Credito d’imposta trasformato)/(27,5% + 3,9%))  x 100 (27,5% + 3,9%)

Potrà, viceversa, essere dedotto in quote nei futuri esercizi di competenza, un ammontare corrispondente alla differenza tra quanto imputato a conto economico a titolo di ammortamento/svalutazione nell’esercizio (o fino l’esercizio) di riferimento, nell’esempio il 2010, e l’importo corrispondente alle attività per imposte anticipate derivante dalla suddetta formula (9).
Per quanto riguarda le perdite fiscali di cui al menzionato nuovo comma 56- bis, il legislatore ha previsto un vincolo analogo a quello visto sopra, nel senso che ha disposto la non riportabilità negli esercizi successivi della stessa quota parte di perdita attribuibile a quei componenti negativi di reddito che hanno dato luogo alle attività per imposte anticipate trasformate in credito verso l’erario.

8. Modalità d’utilizzo del credito d’imposta
A seguito delle modifiche al testo legislativo originario apportate dall’art. 9, del decreto c.d.”Decreto salva Italia”, il credito d’imposta determinato a seguito della trasformazione può essere:

  • utilizzato in compensazione per il pagamento di altre imposte, tributi e contributi, senza limiti d’importo, ai sensi dell’art. 17, D.Lgs. n. 241/1997 (10), dovute in data successiva alla data di approvazione del bilancio (11).
  • Ceduto al valore nominale a una o più società o ente appartenenti al medesimo gruppo di imprese, ai sensi dell’art. 43-ter, D.P.R. n. 602/73, sempre in data successiva a quella di approvazione del bilancio.
  • Chiesto a rimborso per la quota che dovesse residuare dopo aver effettuato le compensazioni, di cui sopra. In questo caso, il credito non produce interessi a favore del contribuente. A tale proposito, la strada del rimborso sembra apparire come meramente residuale e percorribile solo dopo aver prioritariamente effettuato la compensazione. Non è chiaro, tuttavia, quale sia il limite temporale stabilito per considerare esaurita la compensazione e quindi attivare la richiesta di rimborso. Anche se, a dire il vero, tale ultima modalità appare decisamente non interessante, considerando i tempi “biblici” che impiega l’Amministrazione finanziaria per procedere alla restituzione dei crediti spettanti al contribuente.

Il credito d’imposta così trasformato dovrà essere indicato nella dichiarazione dei redditi del periodo d’imposta in relazione al quale sono state quantificate le imposte differite attive trasformabili – nell’esempio sopra riportato per l’anno 2010 – e non come da alcuni osservato, nella dichiarazione del periodo d’imposta in cui ha la trasformazione stessa ha avuto effetto che, ricordiamo, è quello in cui l’organo societario deliberante ha approvato il bilancio d’esercizio in relazione al quale sono state quantificate le imposte differite attive trasformabili, e che nell’esempio sopra riportato sarebbe il 2011.
Va da ultimo ricordato che il credito di imposta in esame non concorre alla formazione del reddito imponibile né ai fini IRES, né ai fini IRAP.

9. Estensione anche per “situazioni straordinarie”
Una ulteriore e importante innovazione introdotta dal decreto c.d. “Decreto salva Italia”, è quella contenuta nel comma 56-ter che estende la disciplina della trasformazione in commento anche ai casi di liquidazione volontaria, procedure concorsuali o di gestione delle crisi, incluse l’amministrazione straordinaria e la liquidazione coatta amministrativa.

Nel caso in cui il bilancio finale di cessazione dell’attività evidenzi un patrimonio netto positivo, l’intero ammontare di attività per imposte anticipate di cui ai già citati commi 55 e 56 – non è richiamato il nuovo comma 56-bis – è trasformato in crediti d’imposta spendibili (12).
E’ appena il caso di ricordare che il legislatore ha previsto il rinvio alla disposizione antielusiva di cui al comma 37-bis, D.P.R. n. 600/1973, alle operazioni di liquidazione volontaria. Il rinvio appare, per la verità pleonastico, atteso che la liquidazione volontaria è di per sé una di quelle operazioni già contemplata nell’elenco ivi contenuto.

Note:

  1. Per imposte differite attive si intende la quota di imposta IRES e IRAP, che deriva applicando le rispettive aliquote alle variazioni temporanee negative di reddito che si originano quando: 1. Componenti positivi di reddito rientrano nel calcolo del reddito imponibile (fiscale) prima di divenire rilevanti per la determinazione del reddito di competenza ante imposte. Tali imposte differite attive vengono denominate, in ambito internazionale, “prepaid income taxes”; 2. Componenti negativi di reddito partecipano alla formazione del reddito di competenza ante imposte, anteriormente al periodo di d’imposta in cui diventano deducibili. Tali imposte differite attive vengono denominate nello stesso ambito, “deferred income tax credits”.
  2. Il provvedimento, originariamente pensato per le banche e gli enti creditizi e finanziari di cui al D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 87, è stato esteso, in via interpretativa, anche alla generalità dei soggetti IRES, quali, in particolare: le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative, di mutua assicurazione, le società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001, e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003, residenti nel territorio dello Stato. In tal senso si veda la Ris. n. 94/E del 23 settembre 2011, Agenzia delle Entrate.
  3. Il documento prevede al Paragrafo 52 che il Tier 1 è dato dalla somma algebrica dei seguenti elementi:
    – Azioni ordinarie emesse dalla banca, classificate come tali ai fini regolamentari.
    –  Riserva sovrapprezzo azioni degli strumenti compresi nel Common Equity Tier 1.
    –  Riserve di utili.
    –  Riserve da valutazioni e altre riserve palesi.
    –  Azioni ordinarie emesse da filiazioni consolidate della banca e detenute da soggetti terzi, che soddisfano i criteri di computabilità nel Common Equity Tier 1.
    –  Aggiustamenti regolamentari applicati nel calcolo del Common Equity Tier 1.
  4. Con il termine reversal si intende l’imputazione nella determinazione del reddito imponibile, del (o di una quota parte del) componente negativo rilevante che è già stato imputato in bilancio in un esercizio precedente concorrendo alla formazione del reddito civilistico, ma che è stato considerato indeducibile ai fini IRES/IRAP nel medesimo periodo d’imposta.
  5. Ciò accade quando, ai sensi del principio contabile OIC n. 25 e IAS 12, manca la ragionevole certezza o probabilità dell’esistenza, negli esercizi in cui si riverseranno le differenze temporanee deducibili, di un reddito imponibile non inferiore all’ammontare delle differenze che si andranno ad annullare.
  6. In tal senso: Lettera informativa n. 1/2012, KStudio Associato.
  7. E’ stato altresì rilevato che sulla base del tenore letterale della disposizione, si potrebbe ragionevolmente ritenere che le due possibilità di conversione in credito d’imposta sopra evidenziate (comma 56 e comma 56-bis), operino in modo autonomo. Ovverosia, se l’applicazione del comma 56 conduce ad una conversione parziale in credito erariale delle imposte differite corrispondenti alle poste abilitate, la quota non convertita potrà essere successivamente trasformata in credito d’imposta al ricorrere dei presupposti della fattispecie di cui al comma 56-bis, in Lettera informativa..
  8. Potrebbe presentarsi anche l’ipotesi in cui a causa di una perdita di esercizio particolarmente elevata l’applicazione della formula determini un ammontare di crediti d’imposta più alto dell’insieme delle imposte differite attive iscritte in bilancio: in tal caso spetterà un credito d’imposta corrispondente alle imposte differite attive.
  9. L’esatta applicazione temporale di questo principio, per certi versi ancora non chiara, meriterebbe di essere trattata in sede di decreto attuativo.
  10. Ciò significa che non sono applicabili né il limite di 516.456,9 euro annui previsto dall’art. 34, L. n. 388/2000, per le eccedenze di imposta ordinarie, né quello di 250.000 euro annui, previsto dall’art.1, comma 53, L. 244/2007 previsto per i crediti di natura agevolativa.
  11. Per poter consentire la compensazione tramite il modello F24, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 57/E del 24.5.2011, ha istituito il codice tributo “6834” , successivamente rinominato “Credito d’imposta per imposte anticipate iscritte in bilancio, in presenza di perdita di esercizio – art. 2, commi da 50 a 59 del dl 225/2010 e successive modificazioni”, che dovrà essere esposto nella sezione “Erario” in corrispondenza della colonna “Importi a credito compensati”.
  12. E’ stato altresì rilevato come tale disposizione sia piuttosto oscura, dal momento che non si vede come un bilancio finale di liquidazione possa contenere l’iscrizione di imposte differite attive posto che la chiusura della società ne precluderebbe il recupero in termini di minori imposte correnti future. L’unica spiegazione plausibile potrebbe essere quella per cui il legislatore abbia voluto assegnare alla società un credito d’imposta corrispondente a quanto non utilizzato o utilizzabile proprio a seguito della cessazione dell’attività, in Lettera informativa, cit. In tal senso sembrerebbe deporre anche la relazione illustrativa al provvedimento.
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