I crediti in Banca ai fini IRAP

Rilevanza ai fini IRAP delle svalutazioni dei crediti nelle Banche, operate ante 2005

Milano, agosto 2012

Autore: Dr GHISELLI FABIO
Revisore dei Conti
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La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 5403, del 4.4.2012 (Sezione Tributaria) avente ad oggetto la deducibilità ai fini IRAP delle svalutazioni dei crediti operate ante esercizio 2005, appare di interesse per le aziende bancarie.

PREMESSA
L’art. 6, D.Lgs. 446/1997, rubricato come “Determinazione del valore della produzione netta delle banche e di altri enti e società finanziarie”, in vigore fino al periodo d’imposta 2004, prevedeva il concorso alla formazione della base imponibile, da un lato “delle riprese di valore su crediti verso la clientela (comma 1, lett.e) e dall’altro delle “rettifiche di valore su crediti” verso la stessa clientela. In particolare, queste ultime erano rappresentate dalle svalutazioni sui crediti effettuate in esercizi precedenti la cui deducibilità veniva rinviata per quote costanti nei 9 esercizi successivi ai sensi dell’art. 106, comma 3 del T.U.I.R. (1)

AGGIORNAMENTO NORMATIVO
L’art. 2, comma 2, D.L. 12.7.2004, n. 168 convertito in Legge 30.7.2004, n. 191, ha modificato il citato art. 6 D.Lgs. 446/1997, rendendo irrilevanti le suddette componenti di reddito a decorrere dal periodo d’imposta 2005 (2).
Ne è conseguito, quindi, che a far data dall’esercizio 2005, le perdite su crediti delle banche non erano (e non sono) più deducibili ai fini IRAP.

QUESITI
A seguito dell’entrata in vigore della disposizione modificativa, si era posto il problema di definire il trattamento delle:
– 1. Riprese di valore e delle riduzioni dei fondi rischi su crediti, effettuate a partire dall’esercizio di applicazione della nuova disciplina (ad esempio, nel 2005) e relative a svalutazioni e accantonamenti precedentemente dedotti (ad esempio, nel 2004), potenzialmente rilevanti in applicazione del principio di correlazione.
– 2. Svalutazioni rilevate in esercizi precedenti al 2005, ed eccedenti il limite di deducibilità nel periodo d’imposta di riferimento, la cui deduzione ai fini IRAP fosse stata rinviata per quote costanti nei 9 esercizi successivi.
In proposito si ricorda che l’Agenzia delle Entrate aveva emanato un comunicato stampa (già allora considerati come “comunicati legge”) relativo al modello Unico 2006 IRAP SC (per il 2005), nel quale aveva di fatto applicato l’innovativa indeducibilità ai “noni pregressi” delle stesse svalutazioni dei crediti (3).

INTERVENTO CHIARIFICATORE DELLA CASSAZIONE
Ebbene la Suprema Corte, come citato in premessa, ha stabilito alcuni importanti principi di diritto:
In primo luogo, ha affermato che: “In materia di IRAP, e in relazione alle imprese bancarie, la svalutazione dei crediti risultanti dal bilancio di esercizio possiede valenza giuridica immediata, nel senso che determina immediatamente la decurtazione del valore fiscale della produzione; la relativa deduzione viene soltanto rinviata, per noni, agli esercizi successivi, secondo il criterio di cui all’art. 106, comma 3, del TUIR; pertanto l’indeducibilità ai fini dell’Irap, introdotta dal D.L. n. 168 del 2004, art. 2, comma 2, a partire dall’esercizio 2005, non attinge le quote (c.d. noni pregressi) che, in quanto di competenza degli esercizi anteriori, perché relative a svalutazioni di crediti operate nei corrispondenti bilanci, sono oggetto di una situazione giuridica sostanziale già consolidata in forza della normativa antecedente”.
Ciò significa che chi ha presentato una dichiarazione rettificativa a proprio favore e la successiva istanza di rimborso, potrà vedersi riconosciute le ragioni ivi addotte. Allo stesso modo, le aziende di credito che avessero assunto, in sede dichiarativa, una posizione in linea con le conclusioni della Corte e fossero stati oggetto di accertamento, avranno titolo per sostenere con maggior vigore l’illegittimità della eventuale ripresa a tassazione effettuata dall’Amministrazione finanziaria.
In secondo luogo, ha affermato che un’interpretazione in chiave retroattiva delle disposizioni recate dal D.L. 168/2004 si porrebbe in contrasto con il canone interpretativo di cui all’art. 3 l. 27.7.2000, n. 212(c.d. Statuto del contribuente).
Secondo la Corte, se è vero che: “…le previsioni dello statuto non possiedono rango superiore a quelle proprie della legge ordinaria, e dunque non impediscono al legislatore di regolare in termini retroattivi un istituto fiscale”, altrettanto vero è che le medesime previsioni, “…in quanto espressione di principi generali dell’ordinamento tributario, si impongono in sede di interpretazione delle norme tributarie equiordinate; sicchè a quelle occorre fare riferimento per la soluzione di eventuali dubbi esegetici, comunque prediligendo, infine in caso di dubbio, un’interpretazione conforme ai principi dalle stesse espressi (v. Cass. n. 4760/2000; n. 17576/2002; n. 7080/2004; n. 9407/2005)” (4).

Note:

  1. Ai sensi dell’art. 106 del TUIR, per gli enti creditizi e finanziari di cui al D.Lgs. n. 87 del 1992, le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l’importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle operazioni di erogazione del credito alla clientela, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,40 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, aumentato delle svalutazioni dell’esercizio. Tale limite risulta così stabilito dal D.L. n. 203 del 2005, conv. in L. n. 248 del 2005, a partire dal periodo d’imposta in corso al 2005, in luogo di quello originariamente fissato nella percentuale dello 0,60 per cento. La disposizione fissa inoltre la regola per cui l’ammontare complessivo delle svalutazioni che supera lo 0,40 per cento è deducibile in quote costanti nei nove esercizi successivi (per effetto della L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 23, comma1, che ha così definito le citate quote costanti di deducibilità, in luogo degli antecedenti settimi di cui all’art. 71, comma 3, del vecchio TUIR).
  2. Ai sensi del comma 3, dell’art. 6, così come sostituito dall’art. 3, comma 1, D.L. 29.11.2004, 282, la disposizione modificativa si applica a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dello stesso decreto.
  3. Nel comunicato si legge che la nuova impostazione è conforme a quanto emerge dalla relazione tecnica al D.L. n. 168/2004, che evidenzia la volontà del legislatore di rendere del tutto irrilevanti agli effetti della determinazione della base imponibile IRAP delle banche, degli altri soggetti finanziari e delle imprese diassicurazione, qualunque componente, sia negativo che positivo, derivante dall’applicazione dell’art. 106 del TUIR e dell’art. 16, comma 9, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 173 del 26 maggio 1997. Coerentemente, vanno considerate superate le indicazioni fornite nella circolare n. 10/E del 2005 (par. 12.1). Per memoria si ricorda che nella circolare citata l’Agenzia aveva precisato che le riprese di valore su crediti correlate ai predetti accantonamenti e svalutazioni dedotti ai fini IRAP concorrevano in ogni caso alla determinazione del valore della produzione netta. Al fine di stabilire se tali riprese di valore si riferissero prioritariamente alle svalutazioni e agli accantonamenti dedotti o a quelli non dedotti, occorreva applicare il principio enunciato dalla C.M. 26 luglio 2000 n. 148, nella quale era stato chiarito che s’intende utilizzata per prima la parte del fondo costituita con accantonamenti dedotti.
  4. In precedenza, analogo orientamento era stato espresso, tra l’altro, dalla C.T. Reg. Torino (sentenza 21 gennaio 2010 n. 5/1/10), dalla C.T. Prov. Torino (sentenze 11 ottobre 2007 n. 132 e 29 maggio 2009 n. 49) e dalla C.T. Reg. Milano (sentenze 18 febbraio 2009 n. 16/43/09 e 11 marzo 2009 n.16/12/09). In tali pronunce, si legge che, conformemente all’art. 3 della L. 212/2000 (cosiddetto “Statuto del contribuente”), le modifiche normative non possono avere efficacia retroattiva, salve espresse deroghe (circostanza che non ricorre nel caso di specie). Deve quindi ritenersi inammissibile qualunque interpretazione della legge diretta a conferirle la capacità di modificare rapporti giuridici sorti anteriormente alla sua entrate in vigore ed i cui effetti sono destinati ancora in parte a prodursi (quale la deducibilità dei “noni” pregressi).
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