Fusioni bancarie nell’era della pandemia: il caso Italia – Dicembre 2021

di Ivo Invernizzi

        Riguardo all’ampiamente discusso tema delle fusioni bancarie, citiamo qui di seguito alcune tra le considerazioni esplicate dagli autori dello studio: ‘La concentrazione del sistema bancario: quale assetto dopo la pandemia? Comana, Bellardini ,pubblicato nella rivista specialistica Minerva Bancaria nr. 4-5 Luglio-Ottobre 2021’.

La ricerca analizza il grado di concentrazione dell’industria bancaria europea nell’intervallo temporale 2000-2021, evidenziando in particolare l’impatto di accelerazione sull’evoluzione dei modelli di business bancari impresso dalla pandemia, per 5 grandi sistemi bancari europei: Germania, Italia, Francia, Spagna, Polonia.  Il focus dello studio ricade inevitabilmente sull’industria bancaria italiana, che ha modificato radicalmente la propria fisionomia anche a causa delle M&A intervenute nel corso del 2020 e del 2021, per la quale gli autori individuano alcuni punti di attenzione:

  • La polverizzazione storica: “Fino agli anni ’80, il sistema bancario italiano era uno dei più decentralizzati d’Europa’, numerose banche di piccola o media dimensione, a ‘immagine e somiglianza’ del nostro tessuto industriale.
  • Il processo di concentrazione per quote di mercato degli ultimi anni: negli ultimi due decenni, la sua concentrazione nel Vecchio Mondo è aumentata senza precedenti. In Italia le prime cinque banche per dimensioni registrano il maggior incremento di quota di mercato (+25,20 punti percentuali), quindi il nostro Paese ha raggiunto il 47,88%, che è coerente con il livello più alto di altri Paesi europei.
  • Il grado di concentrazione misurato dall’indice di Herfindahl: è aumentato significativamente, passando da 643 di inizio osservazioni a 1.303,74 di fine osservazioni.
  • La crescita dimensionale come via alle economie di scala nella compliance: le aziende di credito più grandi possono gestire meglio i costi di compliance, principalmente i costi fissi. In tale prospettiva, in Italia la spinta delle Autorità di vigilanza verso l’integrazione bancaria può essere vista come un fallimento della regolamentazione: dato l’onere antieconomico della regolamentazione, crescere in dimensioni rappresenta una scelta inevitabile per le banche al fine di conseguire ‘economie di scala’ anche nel caso dei costi di compliance.
  • Le sinergie di costo-efficienza da fusioni per le banche più piccole: per quanto riguarda l’aggregazione delle aziende di credito più piccole (si veda il caso delle BCC), l’efficienza da sinergie di costo conseguente alle fusioni è migliorata solo in pochi casi. Inoltre, si è riscontrato che, nel caso delle piccole banche, le fusioni hanno talvolta comportato un impatto negativo sull’allocazione del credito ai debitori imprese e persone fisiche  caratterizzati da un merito creditizio inferiore.
  • Da tempo i regulator italiani, (ma anche i loro colleghi europei) incoraggiano la formazione di uno o più conglomerati bancari italiani  in grado di competere sia su scala nazionale sia internazionale.

Secondo gli autori, uno dei driver d’attrito nell’integrazione europea e globale del settore bancario è attribuibile all’eterogeneità nella disciplina normativa bancaria, nella vigilanza e nell’ambiente operativo. Ciò sia rende  difficile per molti concorrenti esteri fornire servizi bancari a condizioni competitive in casa nostra, sia ostacola l’espansione delle banche italiane all’estero, portandole a puntare spesso esclusivamente allo sviluppo sul mercato nostrano mediante fusioni e acquisizioni e trascurando per tale via interessanti opportunità di crescita oltreconfine.  I ricercatori evidenziano inoltre l’assenza di ‘specularità‘ tra il progressivo processo di concentrazione delle aziende di credito italiane e la costante ‘polverizzazione’ del tessuto produttivo industriale del nostro paese caratterizzato tuttora da molte micro-imprese.  

Da ultimo, noi di AnalisiBanka citiamo il punto di vista espresso recentemente dal Presidente di un noto gruppo bancario nazionale (cit. ‘UniCredit chairman says banking M&A needs European focus – La Stampa – Reuters, 27 December 2021) il quale ha incoraggiato  gli istituti bancari di casa nostra a guardare alle fusioni transfrontaliere, soprattutto nell’arena competitiva del vecchio continente: che le fusioni siano una delle vie all’Unione Bancaria Europea? Sì   a patto che la regolamentazione sia uniforme e che siano garantite le condizioni di perfetta competitività tra banche di paesi differenti.

Inoltre, per dovere di completezza, ricordiamo che, nell’ultima Legge di Bilancio, il Governo Draghi, pur estendendo l’opportunità di utilizzare  nel caso delle fusioni bancarie nostrale le imposte differite attive (DTA o Deferred Tax Assets) in qualità di credito fiscale fino a giugno 2022, ne ha limitato l’impiego a un  tetto massimo di 500 milioni di euro, di fatto disincentivando la convenienza  per le banche italiane ad aggregarsi , rispetto ai maggiori precedenti limiti.  

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