Credito – Quo Vadis?

Marzo, 2019

Autore: dr. ROMAGNOLI Cristiano
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Introduzione 

A seguito delle falle riscontrare nel Primo Accordo di Basilea (troppo esemplificativo e riduttivo in termini di valutazione aziendale) e con l’avvento della PMU, al fine di uniformare la normativa, nel Gennaio 2007 con l’avvio di Basilea 2, nasce “un nuovo modo di fare credito”, basato su nuovi strumenti, primo tra tutti il RATING: un giudizio alfanumerico che viene assegnato ad ogni soggetto economico, in base alla sua stimata probabilità di default. Fu però proprio la crisi dei mutui subprime ad evidenziare delle “falle” del merito creditizio, con intermediari che affidarono soggetti economici non solvibili, che a loro volta “generarono” l’attuale crisi sistemica; il casus Lehman Brothers ha indotto allora il legislatore europeo a ristrutturare completamente tutto il mondo dell’intermediazione finanziaria ed il processo del credito, al fine di migliorarne la qualità e dando vita quindi a Basilea 3 e la sua rivisitazione (Basilea 4, in vigore dal 1.1.2019). 

Con Basilea 2 dunque, tutti gli intermediari finanziari, vengono chiamati ad osservare essenzialmente tre pilastri fondamentali: REQUISITI PATRIMONIALI, VIGILANZA PRUDENZIALE e TRASPARENZA/DISCIPLINA DI MERCATO; in particolare è necessario concentrare il focus sul primo punto, ovvero il requisito patrimoniale. L’intermediario, in base al patrimonio posseduto, avrà una quota proporzionale di impieghi da poter esprimere, con il patrimonio stesso che diventa elemento centrale dell’attività d’intermediazione finanziaria: senza patrimonio quindi, la banca non può impiegare la sua raccolta (che ha il suo costo), con tutti i rischi che ne conseguono; e se vorrà “impiegare” dovrà accantonare una quota di patrimonio (proporzionale e variabile per ogni forma tecnica) per ogni operazione di impiego effettuato. Questo proprio perché, al netto del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi e del Fondo di Garanzia dei Depositanti del Credito Cooperativo, l’istituto dovrebbe, col proprio patrimonio, far fronte a situazioni impreviste e di dissesto, e quindi “sopravvivere ad eventuali stress temporanei”. 

Le banche vengono quindi chiamate ad un costante monitoraggio del proprio patrimonio, ed una più attenta selezione degli impieghi, al fine di conseguire due scopi: 

  • Fare del credito “sano”;
  • Accantonare meno patrimonio possibile, e quindi averne di più da impiegare. 

Se il primo punto trova nella sua logica risposta in quanto accaduto nel 2007/8 (affidare solo soggetti validi, bancabili e solvibili), il secondo punto nasce da una semplice logica di leva finanziaria e di moltiplicatore: meno patrimonio debbo accantonare, maggiore ne rimane da impiegare per “servire più imprese”, e per la logica del risk splitting infine, minore è la probabilità che gli stessi impieghi assumano contemporaneamente il rating D (“Default”, secondo Standard&Poor); pertanto, dato un patrimonio di 1.000 €, dovrò utilizzare tutti gli strumenti possibili per massimizzarlo, facendo più operazioni d’impiego possibili, ed accantonando il meno possibile.
Premesso che dunque il patrimonio è limitato per sua natura (così come limitati sono anche gli impieghi, anche se numericamente maggiori, grazie al moltiplicatore), la banca, si trova di fronte ad una scelta:

  • Accantonare il patrimonio per ogni operazione effettuata;
  • Utilizzare delle garanzie quali forme di mitigazione del rischio, prima su tutti la controgaranzia, con gli strumenti pubblici ad oggi più conosciuti quali il Fondo di Garanzia per le PMI ed il Fondo FEI. Così, grazie alla “ponderazione zero”, l’intermediario non deve accantonare patrimonio (in linea generale), in quanto il garante ultimo è proprio lo Stato Italiano (che per sua natura, è garante certamente solvibile).

1. Fondo di Garanzia per le PMI 

Il Fondo Centrale di Garanzia PMI, viene istituito con Legge 662/96 (art. 2, comma n.100, lettera a), ed ha per oggetto l’agevolazione nell’accesso al credito per le MPMI; gestito da Banca del Mezzogiorno – Mediocredito Centrale e con sede presso il Ministero dello Sviluppo Economico, ad oggi è lo strumento principale di mitigazione del rischio e di controgaranzia pubblica (si rimanda al sito http://www.fondidigaranzia.it/ per ogni ulteriore informazione). 

Con questo strumento dunque, l’istituto può richiedere una garanzia sul credito rilasciato ad ogni MPMI, in misura variabile, fino ad un massimo del 80%, a copertura dell’operazione, senza dover accantonare patrimonio (per la parte coperta da garanzia del Fondo). Tradotto in termini meno accademici, l’istituto che concede un ipotetico mutuo per investimenti di 100.000 € all’impresa Alfa S.r.l., può garantirsi presso il Fondo di Garanzia PMI fino ad un massimo del 80%, col Fondo che, in caso di insolvenza dell’impresa, è chiamato ad erogare una prestazione pari a 80.000 € (i rimanenti 20.000 € in capo alla banca). 

Se ne deduce quindi, l’elevatissima utilità di questo strumento, in primis per l’effetto “leva” che riesce a produrre, in quanto diviene un vero e proprio moltiplicatore di risorse pubbliche, poiché ogni € del Fondo, produce ben 16 € di finanziamenti potenzialmente erogabili a PMI. Inoltre, l’utilizzo di questo strumento permette la cosiddetta “ponderazione zero”, con l’intermediario che non deve accantonare una parte del proprio patrimonio, in quanto l’ultimo garante sarà proprio lo Stato Italiano (la cui solvibilità non può essere messa in discussione). 

Va da sè dunque che, dato il patrimonio dell’istituto, maggiore sarà l’utilizzo del Fondo Centrale di Garanzia PMI da parte dell’istituto, minore sarà il patrimonio assorbito, e maggiore sarà la quantità di provvista finanziaria erogabile alle imprese; tutto ciò si traduce in mutuo vantaggio sia per le imprese (che in numero sempre maggiore, possono accedere al credito) che per le banche (non dovendo accantonare patrimonio di vigilanza, possono “impiegare ben di più”). Essendo infine “rotativo”, per ogni rimborso dei finanziamenti, le risorse possono essere nuovamente impiegate. 

Ad oggi, il Fondo di Garanzia PMI, può operare, oltre che come “garante diretto” per le banche che direttamente si rivolgono, anche come organismo di controgaranzia, in particolare per i Confidi. 

RIFORMA DEL FONDO DI GARANZIA PMI 

A seguito della profonda riforma che ha interessato tutto il settore dell’intermediazione finanziaria, anche il Fondo di Garanzia per le PMI ha deciso di intraprendere un percorso di ristrutturazione vera e propria, introducendo un innovativo SISTEMA DI RATING. 

Viene abbandonando dunque il modello di scoring siffatto: 

  • FASCIA 1, per l’impresa che può accedere automaticamente alla controgaranzia, per le procedure “Semplificata” ed “Ordinaria”;
  • FASCIA 2, per l’impresa che è oggetto di valutazione da parte del Fondo di Garanzia, che potrebbe concedere o meno l’accesso alla controgaranzia pubblica;
  • FASCIA 3, per l’impresa che non può accedere alla controgaranzia pubblica del Fondo di Garanzia, come nei casi di esercizi conclusi con perdite, con indice “Mezzi propri/Totale passivo” inferiore al 5%, ecc, se non per un plafond max. di 100.000 € (procedura IMPORTO RIDOTTO).

Vengono allora introdotti 5 differenti rating di valutazione: dalla Fascia 1 (che comprende imprese di indubbia qualità e solidità patrimoniale-economico-finanziaria), alla Fascia 5 (imprese che non possono accedere alla controgaranzia del Fondo di Garanzia PMI, se non in un singolo caso). Il modello di rating è essenzialmente composto da tre aree informative: 

  • Modulo economico – finanziario, che, tramite l’utilizzo degli ultimi due bilanci depositati (nel caso di società di capitali) o degli ultimi due modelli unici presentati (per società di persone, ditte individuali e liberi professionisti), contribuisce a generare una prima parte del rating complessivo;
  • Modulo andamentale, che evidenzia l’indebitamento bancario aziendale, evidenziando il rapporto accordato/utilizzato degli ultimi sei mesi, oltre ad eventuali contratti rateali, non rateali e carte, forniti da Credit Bureau;
  • Blocco informativo circa eventuali pregiudizievoli a sistema.

Al momento tale modello è in uso solo in via sperimentale per le sole operazioni di garanzia a valere sui finanziamenti Sabatini – Ter, anche se, salvo slittamenti e/o rinvii da parte del legislatore, lo stesso modulo verrà esteso ad ogni ambito d’applicazione, a partire dal 15.3.2019.

Ecco dunque il nuovo modello di rating siffatto: 

  • FASCIA 1 (SICUREZZA), raggruppa le imprese con una p.d. fino al 0,12%, e quindi con rischio di credito estremamente contenuto;
  • FASCIA 2 (SOLVIBILITA’), raggruppa le imprese con una p.d. fino al 1,02%, e quindi con rischio di credito contenuto;
  • FASCIA 3 (VULNERABILITA’), raggruppa le imprese con una p.d. fino al 3,62%, e quindi con rischio di credito accettabile;
  • FASCIA 4 (PERICOLOSITA’), raggruppa le imprese con una p.d. fino al 9,43%, e quindi con rischio di credito oltre la media;
  • FASCIA 5 (RISCHIOSITA’), raggruppa le imprese con una p.d. maggior del 9,43%, con rischio di credito estremamente elevato, e quindi non controgarantibili col nuovo modello valutativo, ma solamente in MODALITA’ TRIPARTITA (con un plafond massimo di €. 120.000 e con rischio ripartito equamente tra banca, Fondo di Garanzia e confidi).

Nasce dunque un nuovo concetto di controgaranzia pubblica, che non viene più concessa nella misura del 80% per ogni azienda che rispetti i requisiti della Fascia 1 del modello di scoring, ma che diventa dunque inversamente proporzionale alla p.d. del soggetto economico che la richiede, e nella fattispecie: 

  • FASCIA 1, garanzia massima del 30% se breve termine, 50% se medio termine;
  • FASCIA 2, garanzia massima del 40% se breve termine, 60% se medio termine;
  • FASCIA 3, garanzia massima del 50% se breve termine, 70% se medio termine;
  • FASCIA 4, garanzia massima del 60% se breve termine, 80% se medio termine;
  • FASCIA 5, NON AMMISSIBILE (se non con la modalità sopramenzionata).

Quanto sopra è dunque valido sia nei casi di garanzia diretta, sia nei casi di riassicurazione (come nel caso di intermediari quali confidi, ad esempio), con differenti percentuali di rassicurazione.
Ecco dunque che, in termini meno accademici, più l’azienda è rischiosa e più elevata deve essere la percentuale di garanzia a copertura dell’operazione; poiché, come il patrimonio dell’intermediario è limitato, anche le risorse del Fondo sono limitate, e per effetto della leva finanziaria, del moltiplicatore del credito e diminuendo le percentuali di garanzia, un numero maggiore di aziende ne potranno beneficiare.
Diventa dunque strategica la gestione dell’indebitamento finanziario, che richiederà d’ora in poi un ancor più attento e serrato monitoraggio delle linee di credito, in particolare le forme di breve, onde evitare eventi che possano andare ad impattare negativamente, soprattutto nel modulo andamentale (evitando dunque sconfinamenti ad esempio, anche se autorizzati), influenzando il rating.

2. CONFIDI – una storia lunga oltre 60 anni 

I primi Consorzi di Garanzia nascono oltre 60 anni, come semplice espressione delle associazioni di categorie nate nel dopoguerra, ed aventi per scopo l’agevolare l’accesso al credito delle imprese locali, spesso poco solide dal punto di vista economico-finanziario, ma che necessitavano di liquidità per investimenti e circolante. Cresce dunque il tessuto imprenditoriale, cresce il PIL, aumenta la specializzazione, e nasce un’esigenza più articolata, non solo circoscritta alla facilitazione d’accesso al credito, ma che coinvolge anche aspetti quali la consulenza finanziaria, la riduzione del costo dei fondi (grazie ad apposite convenzioni tra confidi e banche, e quindi, tassi agevolati), e fronteggiando le asimmetrie informative contro cui le banche si scontrano (non conoscendo spesso l’impresa, il confidi e l’associazione di categoria vengono in aiuto). Grazie al miglioramento del merito creditizio, alla riduzione dei rischi (in particolare quello di credito e finanziario) ed al reperimento di clientela valida e selezionata, il confidi diventa partner essenziale per la banca, che viene agevolata grazie alla garanzia a valere sul patrimonio del consorzio, in misure variabili dal 20% al 80%. La garanzia, nella maggior parte dei casi “a prima richiesta” (immediatamente escutibile, col confidi che poi si riassicura eventualmente con altre forme di controgaranzia), diventa quindi una grande agevolazione per l’impresa che si affaccia al mercato bancario (pur tenendo presente che la garanzia non è elemento fondamentale nella concessione del credito, ma collaterale). 

Il confidi valuta dunque la bontà dell’idea imprenditoriale, la storia ed i numeri espressi dall’impresa, e, tramite l’elaborazione di un giudizio sul merito creditizio affidato, decide di rilasciare o meno la propria garanzia a valere sul patrimonio, all’istituto concedente. Il consorzio dunque, può operare con le seguenti finalità: 

  • Garanzia a valere sul patrimonio (eventualmente assistito da controgaranzia);
  • Co-garanzia, assieme ad altri istituti partner (come nei casi di prestiti in pool).

Nel primo caso dunque, il confidi può, a seconda che abbia possibilità o meno, richiedere una “controgaranzia” ad organismi pubblici (Fondo di Garanzia PMI) o a confidi di secondo livello (regionali, o facenti capo ad associazioni di categoria); nel secondo caso invece, mediante compartecipazione di altri organismi (secondo la logica del risk sharing), rilascia una percentuale di garanzia inferiore, assumendosi minori rischi, in caso di operazioni di standing ed importi rilevanti (prestiti sindacati, superamento della soglia di rischio unico cliente, ecc).

Va da se dunque che i confidi, diventano oggi partner strategici per banche ed imprese, in quanto: 

  • Permettono la risoluzione di asimmetrie informative (contro le quali spesso gli intermediari si scontrano); 
  • Permettono all’impresa, tramite il versamento di una “fee”, di avere un fidejussore per l’operazione che richiede all’intermediario; 
  • Permette alla banca di mitigare il proprio rischio di credito; 
  • Coadiuvano gli istituti nell’istruttoria (con condivisione di informazioni, documenti, pareri circa il merito creditizio, ecc); 
  • Provvedono alla gestione degli adempimenti nei confronti degli enti di controgaranzia. 

3. Et Quo Imus? 

La domanda che sovente dunque si sente porre: “Dunque, dove andremo”? 

Da un lato abbiamo normative sempre più stringenti, che seppur finalizzate ad un miglioramento della qualità del credito, genera costi operativi importanti sia per intermediari che per imprese; dall’altro abbiamo una sempre maggiore (nonostante l’assenza sostanziale di crescita del PIL) richiesta di liquidità da parte delle imprese per affrontare programmi di investimento e di gestione del circolante. 

Ci si dovrà inoltre tenere ben in guardia alle nuove realtà Fintech quale Google, Amazon et simila, che, fiutata la ghiotta opportunità di entrare nel mondo del credito (web payments, social lending, sconto fatture, ecc), stanno entrando a piè pari nel settore finanziario e creditizio; assisteremo ad uno stravolgimento del “modo di fare banca” che inevitabilmente dovrà evolversi, riqualificarsi e riposizionarsi sul mercato, al fine di garantire la sua sopravvivenza. 

Strategico sarà dunque utilizzare, nel modo più proficuo e redditizio possibile tutti gli strumenti che legislatore ed Enti metteranno a disposizione a banche e imprese; ciò inevitabilmente richiederà una specifica formazione in materia (formazione che dovrà essere svolta da società di consulenza ed intermediari finanziari abilitati), ma garantirà anche interessanti possibilità di sviluppo sia alle imprese (che dovranno necessariamente cambiare approccio al mondo del credito) che agli intermediari quali banche e confidi (che riusciranno ad impiegare meglio il loro patrimonio limitato, in maniera più redditizia, purchè utilizzino gli strumenti a loro disposizione). 

In qualsiasi caso, gli strumenti per minimizzare i rischi e massimizzare le opportunità ci sono, spetta solo agli intermediari coglierli e metterli a frutto adeguatamente. 

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