Climate Stress Test: l’impegno verde delle banche europee – Agosto 2022
di Ivo Invernizzi
Presentazione del primo stress test climatico bancario
L’8 luglio 2022 la BCE ha pubblicato i risultati dei suoi primi stress test sul rischio climatico bancario come componente della propria roadmap climatica, poiché i cambiamenti climatici rappresentano un rischio crescente per le banche e il sistema finanziario europeo nel suo insieme. La prova di stress sui rischi climatici del 2022 ha valutato in che modo le banche sono preparate per affrontare i rischi legati al clima. Un totale di 104 banche ha partecipato al primo stress test climatico BCE. 41 banche hanno fornito le proprie proiezioni di stress test per garantire la proporzionalità verso le banche più piccole. Lo stress test climatico 2022 è stato condotto principalmente come esercizio di apprendimento, con l’obiettivo di migliorare la capacità sia del settore bancario europeo, sia della banca centrale di valutare i rischi climatici.
La perdita climatica aggregata
Lo stress test climatico mostra che, in uno scenario di ‘transizione climatica ordinata’ rispetto a dopo un’azione ‘in emergenza’ le banche devono affrontare una perdita aggregata di 70 miliardi di euro, benché inferiore alle aspettative del mercato. Il test ha anche valutato le perdite cumulative sui crediti in uno scenario disordinato di breve termine a 3 anni, rispetto allo scenario di riferimento per 22 settori ad alta intensità di gas serra. Per quanto attiene il rischio di transizione a lungo termine, si osservano perdite su crediti inferiori in caso di transizione ordinata. Le perdite ‘da gestione non corretta del rischio climatico’ previste nei prossimi tre decenni, sono inferiori nello scenario ordinato di transizione rispetto agli scenari in cui le politiche di transizione sono introdotte gradualmente o non introdotte. Tuttavia, le perdite cumulative derivanti dai rischi di alluvione sono molto più elevate nelle aree ad alto rischio, a causa dei presunti gravi danni subiti dalla garanzia immobiliare vantata dalle banche sui crediti in tali aree. In tal senso, si presume che alti rischi di alluvione coincidano con shock negativi nei prezzi degli immobili, portando a rapporti Loan to value (credito/valore dell’immobile) più elevati e perdite attese più elevate. La BCE ha chiarito che tali perdite possono essere parzialmente ridotte mediante la copertura assicurativa.
Metodologia e risultati generali delle prove di stress
La maggior parte delle banche, non dispone di un framework robusto per le prove di stress sui rischi climatici e i risultati pubblicati l’8 luglio mostrano che le banche non incorporano ancora sufficientemente il rischio climatico nell’infrastruttura degli stress test e nei loro modelli interni per la misurazione del rischio di credito, nonostante alcuni progressi siano stati compiuti dal 2020.
Metodologia
Lo stress test climatico 2022 è stato eseguito come stress test bottom-up vincolato, per il quale le banche partecipanti hanno fornito i loro dati climatici a BCE. La metodologia si è basata su tre moduli distinti:
Modulo 1: è un questionario qualitativo volto a valutare il framework interno delle banche per le prove di stress sul rischio climatico;
I risultati del primo modulo, mostrano che circa il 60% delle banche non dispone ancora di un quadro di stress test sul rischio climatico. Allo stesso modo, la maggior parte delle banche non include il rischio climatico nei propri modelli di rischio di credito e solo il 20% considera il rischio climatico una variabile quando concede finanziamenti. Le banche attualmente sono carenti in termini delle migliori pratiche in base alle quali dovrebbero stabilire capacità di test di stress climatico, che includano diversi canali di trasmissione del rischio climatico (ad esempio rischi di mercato e di credito) e di portafogli (ad esempio crediti corporate e mutui).
Modulo 2: valutazione di due metriche di rischio climatico:
- La sensibilità del reddito delle banche al rischio di transizione
2. Esposizioni delle banche a settori ad alta intensità di emissioni di carbonio (22 settori ad alto impatto climatico che rappresentano il 90% delle emissioni di ‘Green House Gas’ (GHG) Scope 1 in Europa).
Si tratta in sintesi di un’analisi comparativ,a finalizzata a valutare la sostenibilità dei modelli di business delle banche e la loro esposizione alle società ad alta intensità di emissioni. Il secondo modulo del test rileva che, nel complesso, quasi due terzi del reddito delle banche ottenibile da clienti che sono società non finanziarie purtroppo deriva da settori industriali ad alta intensità di gas serra. In molti casi, le “emissioni finanziate” dalle banche provengono da un numero limitato di grandi controparti corporate, il che aumenta la loro esposizione ai rischi di transizione. Le banche spesso si affidano ad approssimazioni al fine di stimare la propria esposizione ai settori ad alta intensità di emissioni.
Modulo 3: stress test bottom-up, in cui le banche hanno fornito proiezioni per diversi scenari e aree di rischio, coprendo sia i rischi fisici sia i rischi di transizione.
Rischio fisico prevede due scenari:
- scenario di siccità e calore;
- scenario di rischio alluvione;
Rischio di transizione prevede:
tre diversi percorsi di politica climatica a lungo termine (30 anni) con aggiustamenti dinamici di bilancio:
- una transizione ordinata,
- una transizione disordinata ritardata
- un “mondo caldo” con politiche invariate.
L’orizzonte è triennale e a breve termine con bilancio statico.
I moduli 1 e 2 sono stati testati su 104 istituti bancari significativi, valutati nell’ambito delle periodiche valutazioni del rischio climatico e soggetti ai nuovi requisiti del terzo pilastro dell’EBA. Solo 41 banche hanno partecipato al modulo 3 applicando il principio di proporzionalità e tenendo conto dei diversi livelli di preparazione al rischio climatico delle banche.
I risultati del terzo modulo mostrano che, la vulnerabilità delle banche a uno scenario di siccità e caldo dipende fortemente dalle attività settoriali e dall’ubicazione geografica delle loro esposizioni. L’impatto di questo rischio si concretizza per il tramite di una diminuzione della produttività settoriale. Allo stesso modo, nello scenario del rischio di alluvione, si prevede che le garanzie immobiliari e i mutui sottostanti ai prestiti alle imprese risentiranno degli effetti negativi dell’alluvione, in particolare nelle località più colpite.
Lo stress test climatico bancario del 2022 è stato più un esercizio di apprendimento (learning exercise) per determinare se le banche europee potessero valutare la propria vulnerabilità ai cambiamenti climatici, piuttosto che offrire conclusioni concrete sugli effettivi rischi climatici a cui le banche sono esposte, che sarebbero state prese in considerazione dalla BCE in sede di definizione di requisiti patrimoniali aggiuntivi. Tre quarti delle banche dotate di un framework climatico hanno incluso eventi legati al clima e ambientali nelle prove di stress del rischio operativo o nelle analisi di scenario. Ai fini della valutazione dei rischi reputazionali, meno del 40% delle banche ha indicato di includere eventi legati al clima e all’ambiente.
Secondo gli esperti, il metodo d’inserimento del rischio climatico nelle proprie architetture di risk management sottostima in modo significativo l’effettivo rischio legato al clima, poiché riflette solo una frazione del rischio effettivo, per le seguenti motivazioni:
- la modellizzazione alla base delle proiezioni delle banche cattura solo rudimentalmente i fattori climatici;
- l’esclusione dagli scenari di recessioni economiche ed effetti di secondo impatto non è considerata;
- le esposizioni nell’ambito dei test rappresentano solo un terzo circa del totale delle esposizioni delle 41 banche considerate.
Inoltre, data la natura ‘didattica’ dell’esercizio, non sono emersi ‘overlay di vigilanza’, il che significa che il calcolo del rischio climatico originariamente proposto dalle banche non è stato modificato dalla BCE.
Per quanto riguarda le proiezioni a lungo termine delle banche in diversi scenari di rischio climatico, i risultati mostrano che una transizione ‘verde e ordinata’ si traduce in perdite su crediti inferiori rispetto a un’azione disordinata o assente. Tuttavia, le banche non distinguono o distinguono a malapena i vari scenari a lungo termine, in quanto paiono carenti in strategie solide, fatta eccezione per la tendenza a ridurre le esposizioni ai settori più inquinanti e a sostenere le imprese a basse emissioni di carbonio. Pertanto, le banche devono considerare i canali di trasmissione diretti e indiretti delle policy ‘green’ nei loro piani strategici a lungo termine. Nonostante alcuni progressi compiuti dal 2020, le banche non incorporano ancora sufficientemente il rischio climatico nei loro framework di stress test e nei loro modelli di rischio di credito. A titolo di esempio: “lo stress test non ha mostrato un’elevata materialità complessiva per i rischi climatici”, ha affermato Joachim Wuermeling, membro del comitato esecutivo della BundesBank. Si tratta in sintesi di un’analisi comparativa, finalizzata a valutare la sostenibilità dei modelli di business delle banche e la loro esposizione alle società ad alta intensità di emissioni.
È probabile che il numero di banche che dispongono di un framework idoneo di stress test sul rischio climatico aumenterà solo gradualmente nei prossimi anni. Solo il 35-39% delle banche, che non disponevano ancora di un framework, prevede di essere in grado di contemplare i rischi fisici o di transizione nei propri framework entro un anno. Oltre il 50% delle banche necessita da uno a tre anni per incorporare i rischi fisici e o di transizione nel proprio framework di stress test. Si noti che, il test non è stato esteso all’intero bilancio delle banche.
Come discusso in precedenza, la maggior parte delle banche fa ancora molto affidamento su proxy nelle misurazioni. Ciò dimostra non solo l’importanza di un ulteriore coinvolgimento dei clienti soprattutto corporate, secondo la BCE, ma anche i limiti applicabili quando si tratta di interpretare i risultati dello stress test. A novembre 2021, il 25% delle banche aveva eseguito uno stress test correlato al rischio climatico e il 13% aveva integrato i rischi climatici nei propri framework di stress test periodici. Quindi si nota qualche miglioramento. Circa il 41% delle banche ha riferito di disporre di un framework di stress test sul rischio climatico in vigore a partire dalla fine del 2021.
Focus sul GreenHouseGas (GHG)
Lo stress test climatico è particolarmente interessante per quanto attiene il confronto dell’intensità dei gas serra segnalata dalle banche nell’ambito dell’esercizio del benchmark tra concorrenti (peers). Uno degli obiettivi del test era fungere da catalizzatore per le banche al fine di migliorare la propria infrastruttura di dati e la raccolta di scomposizioni di dati rilevanti in termini di esposizione climatica e impatto sulle principali voci di reddito della Banca. In effetti, la stima delle emissioni di tipo ‘Scope 3’ delle banche è fondamentale per misurare la loro ‘impronta di carbonio’ (carbon footprint) complessiva e il loro progresso verso gli obiettivi di emissioni nette zero. Sebbene la quota relativa del reddito derivante dai settori che emettono gas a effetto serra sia complessivamente elevata, le quote maggiori del reddito bancario sono attribuibili a crediti concessi a settori con intensità GHG relativamente inferiore come l’edilizia, il commercio all’ingrosso e al dettaglio e le attività immobiliari. I settori ad alta intensità di gas , rappresentano circa il 21% del reddito dichiarato dalle banche europee, a conferma dell’impatto potenzialmente non trascurabile del rischio di transizione sul reddito delle banche, in particolare nel caso degli istituti con concentrazioni relativamente elevate di esposizioni verso questi settori. I sette settori a più alta emissione di gas serra (GHG) sono:
- industria estrazione mineraria e industria estrattiva in genere;
- produttori di carbon coke e prodotti petroliferi raffinati;
- produttori di prodotti non metallici;
- fornitura di elettricità, gas, vapore e aria condizionata;
- trasporto di acqua;
- produttori di prodotti chimici;
- produttori di manufatti in metallo.
Questi settori rappresentano il 28,8% dei 22 settori considerati nel test, ma rappresentano oltre il 50% dell’intensità di carbonio dei portafogli corporate delle banche.
Obiettivo del test climatico: il test non ha per obiettivo stabilire l’adeguatezza patrimoniale della Banca al rischio climatico
Il test, che fa parte della più ampia ‘tabella di marcia per il clima’ della BCE, non è un esercizio di adeguatezza patrimoniale, ma piuttosto un esercizio di apprendimento sia per le banche sia per le Autorità di Vigilanza. BCE ha raccolto informazioni qualitative e quantitative, al fine di valutare la preparazione del settore ai rischi climatici e fare un assessment delle migliori pratiche per affrontare i rischi legati al clima. «Questo esercizio è una pietra miliare cruciale nel nostro percorso per rendere il nostro sistema finanziario più resiliente al rischio climatico», ha affermato Frank Elderson, vicepresidente del Consiglio di Sorveglianza BCE. «Ci aspettiamo che le banche intraprendano un’azione decisa e sviluppino solidi quadri di stress test climatici a breve e medio termine.» Il primo stress test sul rischio climatico introdotto dalla BCE non è un esercizio di ‘pass or fail’ come un esame, né ha un impatto diretto sul capitale sulle banche. L’output del test sarà integrato nel processo di revisione e valutazione prudenziale BCE, utilizzando un approccio qualitativo senza impatto diretto sul capitale, sulla scia delle linee guida del secondo pilastro . Tuttavia, si potrebbe avere un possibile impatto indiretto sul capitale bancario tramite il punteggio SREP sul requisito di secondo pilastro. In ogni caso, il test sarà utilizzato per valutare la capacità delle banche di gestire adeguatamente le specificità del rischio climatico nel disegno dei propri modelli di business. L’associazione delle banche tedesche, un gruppo di lobby i cui membri includono noti big player del banking germanico, ha affermato che c’è un alto grado di incertezza negli scenari degli stress test climatici e che non vi è alcuna giustificazione nel fissare requisiti patrimoniali per i rischi a lungo termine derivanti dai cambiamenti climatici. Solo il 9% delle banche ‘testate’ non aveva un piano per gestire il rischio climatico. Ma il 61% delle anche ha fatto sapere che, l’azione futura pianificata non è ancora associata a obiettivi concreti. Invece di KPI (Key Performance Indicator) concreti come i ‘rapporti sull’attività green’, vengono menzionati obiettivi generali come la ‘Net Zero Bank Alliance’.
L’esposizione al GreenHouseGas delle Global Systemically Important Bank (G-SIB o banche sistemiche)
Come citato in precedenza, il test risulta particolarmente interessante ai fini del confronto dell’intensità dei gas serra (GHG) segnalata dalle banche (Modulo 2). Le banche sistemiche globali (G-SIB) e le banche ‘universali’ detengono la quota maggiore di esposizioni verso i settori a più alta intensità di carbonio. Le G-SIB e le banche universali in sintesi sono le più esposte. Tuttavia, i risultati mostrano differenze notevoli tra i modelli di business di ciascuna Banca. Le G-SIB e le banche universali (così come le banche custodian e i gestori patrimoniali) detengono la quota maggiore di esposizioni verso i sette settori a più alta intensità di carbonio, quindi evidenziano la più alta intensità di carbonio del loro portafoglio crediti corporate. D’altro lato, in termini di correlazione dei redditi bancari, le banche a importanza sistemica globale sono tra il gruppo di banche meno dipendenti dal reddito di tali settori, mentre i piccoli istituti di credito al dettaglio nazionali sono tra le più dipendenti. Per concludere, le G-SIB e le banche universali detengono quindi la quota maggiore nei sette settori a più alta intensità di carbonio e quindi hanno la più alta intensità di carbonio del portafoglio crediti corporate ma non accusano una dipendenza funzionale dei loro margini da tali settori.
La disclosure di sostenibilità
Il test climatico conferma come la divulgazione di informazioni sui ‘rischi ESG delle banche’ sarà uno strumento fondamentale per valutare meglio il rischio climatico. Sebbene quasi tutte le banche europee si siano dichiarate disposte a impegnarsi a lungo termine per l’azzeramento netto del loro impatto climatico, molta parte della comunità di esperti seguita a pensare che il settore bancario debba affrontare sfide significative nell’attuazione dei principi di informativa sulla sostenibilità. Si noti che, circa il 60% delle banche che dispongono di un framework di natura climatica non ha rivelato alcun risultato nel proprio report del terzo pilastro. In sintesi, la disclosure di sostenibilità è un punto tuttora critico e da completare al fine di stabilire quanto una banca comunica del proprio impegno green alla comunità degli investitori.
La carenza di dati
Si osserva che, mancano dati climatici rilevanti. «Le banche dell’area dell’euro devono intensificare con urgenza gli sforzi per misurare e gestire il rischio climatico, colmando le attuali lacune nei dati e adottando buone pratiche già presenti nel settore», ha affermato Andrea Enria, presidente del Consiglio di Vigilanza della BCE. Sebbene questo sia un buon primo passo d’intenti al fine di colmare le lacune nei dati, le banche devono intensificare il ‘coinvolgimento climatico’ della clientela per ottenere dati e approfondimenti più accurati sui piani di transizione dei loro clienti. Questa è una condizione preliminare affinché le banche possano valutare e gestire la propria esposizione ai rischi climatici in futuro, per prevenire la scarsità di dati disponibili in questa fase iniziale. La BCE raccomanda alle banche di intensificare il coinvolgimento dei clienti per superare la sfida della disponibilità dei dati, colmando le attuali lacune nei dati disponibili e nei modelli utilizzati. La BCE ha eccepito che uno degli obiettivi dell’intero esercizio di test era di fare in modo che le banche migliorino la propria infrastruttura di dati (data architecture) e i processi di raccolta dei dati stessi, che devono essere pertinenti e disaggregati distinguendo le voci dell’esposizione da quelle dell’impatto sul reddito. Si noti che, molte aziende clienti al momento non divulgano i dati sulle emissioni e le banche hanno ampiamente utilizzato l’opzione di utilizzare misure approssimate in sede di raccolta dei dati sulle emissioni. Ad esempio, circa il 70% dei dati sulle emissioni di Scope 1 e 2 si basava su una proxy anziché sui dati effettivi, mentre per le emissioni di Scope 3 oltre l’80% dei dati era basato su una proxy anziché sul dato effettivo. La disponibilità dei dati rimane una questione fondamentale per le prove di stress sul rischio climatico, a condizione che i dati vengano trasmessi tempestivamente alle Autorità di Vigilanza e che le proiezioni delle prove di stress siano soggette a una metodologia omogenea comune e a una serie comune di scenari. L’indisponibilità di dati la cui profondità, certezza e omogeneità in grado di analiticità siano analoghe per tutte le banche, rende la valutazione delle prove di stress difficoltosa.
Le raccomandazioni BCE
I risultati di questo stress test per BCE alimenteranno il processo di revisione e valutazione prudenziale da un punto di vista qualitativo. Questo esercizio mostra che la BCE è impegnata a guidare le banche europee nell’implementazione della transizione green, il che implica anche la cooperazione di BCE con le Autorità in tutta Europa. I risultati dello stress test climatico del 2022 saranno utilizzati dalle banche europee come bussola per potenziare le proprie capacità futura di stress test sul rischio climatico e prepararsi ai rischi e alle opportunità di una transizione completa. Detto questo, le banche hanno ricevuto da BCE feedback individuali sulle loro prestazioni e il loro livello di preparazione climatica. Gli stress test sul rischio climatico, insieme alla revisione tematica, ci risultano rilevanti anche per la governance bancaria interna e la gestione del rischio. Dopo l’esito del suo primo stress test, la BCE ha ribadito che le banche devono concentrarsi maggiormente sul rischio climatico. «Le banche dell’area dell’euro devono intensificare con urgenza gli sforzi per misurare e gestire il rischio climatico e adottare buone pratiche già presenti nel settore», ha affermato in una nota Andrea Enria, presidente del consiglio di sorveglianza della BCE. La BCE lavorerà a un’analisi più approfondita delle osservazioni eccepite dalle banche e pubblicherà le migliori pratiche nel terzo trimestre del 2022. Ricordiamo ai lettori che, i rischi climatici sono progressivamente integrati nel quadro normativo bancario al fine di rendere il settore bancario più resiliente al rischio climatico e garantire la stabilità finanziaria. I rischi legati al clima sono tra le massime priorità delle Autorità di Vigilanza bancaria. La BCE osserva che, l’esercizio delle prove di stress sul rischio climatico ha rivelato che le banche devono affrontare sfide in diverse dimensioni. Tale osservazione, comporta non solo la raccolta di dati adeguati, ma anche la soluzione di questioni relative alla governance interna, alla modellizzazione nei propri sistemi di risk management del rischio climatico e all’integrazione nell’ICAAP.
Conclusioni: l’impegno delle banche
È indubbio che, le banche svolgono un ruolo chiave nel finanziamento della transizione verso un’economia verde e sostenibile. Ciò che è chiaro, tuttavia, è che le banche trarranno un vantaggio economico da una transizione verde ordinata, poiché ciò porterà a perdite su crediti inferiori per le banche rispetto a una transizione disordinata o passiva. È positivo che, le banche europee sembrano essere più inclini a ridurre la propria esposizione climatica ai settori più inquinanti rispetto ad aziende di altri settori. Tuttavia, è probabile che possano modulare passivamente la propria esposizione a livelli inferiori nel caso di altri settori rispetto a quelli più inquinanti. Nel test, l’esposizione ai settori più inquinanti è stata segnalata come «per lo più ridotta» e per i settori meno inquinanti come «per lo più di supporto» o «aggiustata passivamente». Oltre la metà delle banche testate, “ridurrebbe per lo più” la propria esposizione ai sette maggiori comparti inquinatori in tutti e tre gli scenari contemplati nel test. Circa il 30% “ridurrebbe principalmente” i crediti ad altri settori. Circa il 25-30% “adeguerebbe passivamente” l’esposizione ai settori più inquinanti, mentre quasi il 40% degli istituti di credito “adeguerebbe passivamente” i propri finanziamenti ad altri settori. Attenzione particolare, meritano i percorsi molto diversificati previsti dalle banche per fronteggiare i rischi da settori altamente inquinanti negli scenari di transizione a 30 anni. Alcune banche prevedono che ridurranno la loro esposizione a questi settori altamente inquinanti, mentre altre sembrano voler proseguire a erogare credito alle controparti di tali settori in ‘senso dinamico’, forse riflettendo la volontà di sostenere tali controparti nella loro transizione green. Le differenze nel modo in cui le banche considerano lo sviluppo futuro dei sette settori più inquinanti rispetto agli altri settori sono sostanziali. La BCE ha concluso che, le lievi differenze tra gli scenari comportano che le banche dovrebbero intraprendere ulteriori azioni per implementare strategie idonee da applicare negli scenari di transizione a lungo termine.
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RIFERIMENTI
Banks must sharpen their focus on climate risk, ECB supervisory stress tests shows